I modelli di prevenzione rivolti agli adolescenti in Italia

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Quando parliamo di prevenzione pensiamo a tutte quelle azioni compiute per impedire che si verifichino eventi dannosi. Esistono tre tipi di prevenzione:
  1. La prevenzione primaria (o universale) che si rivolge alle persone sane e cerca di evitare l’insorgere di qualche malattia;
  2. La prevenzione secondaria (o selettiva), indirizzata ai soggetti a rischio, la cui finalità è la diagnosi precoce;
  3. La prevenzione terziaria, quella cioè rivolta alle persone che hanno già sviluppato la malattia, che affianca la cura e completa il piano terapeutico, migliorando la loro qualità della vita pur non trattandosi di una vera e propria terapia.
La prevenzione non riguarda solo la nostra salute fisica, ma anche il nostro benessere psicologico. Vediamo come questo concetto si applica ai giovani.

L’adolescenza: una fase piena di scelte

Nel suo celeberrimo testo Adolescenza in Samoa (1928) Margaret Mead sottolinea come i giovani, soprattutto nei paesi occidentali, debbano affrontare una serie di scelte difficili e importanti per la loro vita nella fascia d’età compresa fra gli 11 e i 17 anni, che viene definita adolescenza.
prevenzione - adolescenza / credits: Gonzalo Arnaiz
Risolvere i conflitti con i pari, scoprire chi sono gli amici fidati, ottenere autonomia senza perdere l’affetto dei genitori, incontrarsi/scontrarsi con le prime relazioni sentimentali, riscoprire la propria sessualità, prendere posizione su alcuni temi tipici del gruppo come tabacco, alcol, droghe: sono situazioni che tutti gli adolescenti devono affrontare. Ma affrontarle significa fare delle scelte che avranno un impatto positivo o negativo fortissimo sul loro benessere fisico e psicologico e sulla pianificazione della loro vita futura; ecco perché è importante fare attività di prevenzione in questa fase della vita.

La prevenzione nell’adolescenza in Italia

In Italia questo intervento avviene soprattutto nelle scuole e segue un modello tradizionale: lezioni frontali in cui un adulto o un gruppo di adulti prendono posto su un palco, davanti a una platea spesso troppo estesa.
Numerose ricerche hanno dimostrato che questo tipo di prevenzione non ha alcun impatto sui giovani: spesso gli incontri diventano per loro un’occasione per ascoltare la musica in cuffia o inviare messaggi con lo smarthphone.
A volte addirittura questi programmi determinano un aumento dei comportamenti a rischio (Jemmott e Jemmott, 1997).

Perché la prevenzione tradizionale con i giovani non funziona?

Questo metodo riflette l’organizzazione scolastica quotidiana dell’alunno, dove un adulto spiega e il ragazzo riceve passivamente. Se c’è una cosa a cui il giovane si ribella facilmente è proprio il sentirsi passivo e sottomesso, quindi metterà in atto tutte le strategie che conosce per evitare di trovarsi in quella stessa condizione.

Un nuovo modello di prevenzione

Siccome i giovani subiscono molto la pressione dei pari, spesso pensano che sia necessario seguire i modelli più popolari di comportamento per affermarsi nel proprio gruppo (come un ragazzo più grande violento o esempi negativi provenienti dai media). Non lo fanno per ingenuità: conoscono i rischi legati a un certo atteggiamento, semplicemente decidono di ignorarli.
È per questo che già dagli anni ’90 si è diffuso anche in Italia un nuovo modello di approccio al problema.

Questi nuovi programmi educativi non puntano più sulla trasmissione di informazioni che i ragazzi già possiedono e non usano, ma insegnano competenze generali volte a:
  • potenziare l’assertività (cioè saper dire di no senza giustificarsi),
  • migliorare la capacità di resistere alla pressione dei pari difendendo con sicurezza le proprie scelte
  • imparare a far riferimento a nuovi modelli che sostituiscano quelli già acquisiti, dimostrando la loro fragilità e inconsistenza al di fuori del gruppo, in modo che ognuno possa diventare un leader positivo del valore della salute.
prevenzione e adolescenza - nuovi modelli / credits: Luke Porter
Al centro di questi interventi rivolti agli adolescenti c’è la volontà di trasmettere delle competenze sociali ed emotive come capacità di accoglienza e confronto, ascolto e apertura, competenze che da molti autori sono state associate alla realizzazione professionale, affettiva e familiare nell’età adulta (Goleman, Intelligenza emotiva, 1997).

Il rapporto con se stessi e con gli altri è più importante dei voti scolastici

Questo modello di prevenzione non fa più affidamento sull’area dell’intelligenza scolastica, come avveniva tradizionalmente, ma utilizza metodi alternativi, come la drammatizzazione, il dibattito aperto, il role playing, gli scritti anonimi; tutte strategie volte alla pianificazione di un programma di prevenzione che tenga presente le prospettive giovanili e i significati specifici di alcuni temi all’interno dei gruppi.
prevenzione e adolescenza - programmi educativi condivisi / Photo by NEC Corporation of America - licenza



Questo approccio permette all’adolescente di sviluppare la capacità di leggersi dentro, di gestire le proprie emozioni, di avere una comunicazione efficace e di saper prendere decisioni. Queste competenze, una volta apprese, migliorano:
  • la capacità assertiva del ragazzo
  • il proprio senso di efficacia
  • l’autostima
con una ricaduta positiva nei diversi ambiti della sua vita.

Parlare di queste tematiche con i ragazzi, ascoltando le loro voci e le loro opinioni, è il modo ideale per riuscire a organizzare progetti di prevenzione della loro salute fisica e psicologica realmente efficaci, perché condivisi.

Vuoi affinare le tue competenze sociali ed emotive? Parliamone insieme.