Combattere la pigrizia mentale si può, anche con la psicologia

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In terapia cognitivo-comportamentale esiste una modalità per operare le proprie scelte, il problem solving. Questa tecnica è costituita da diverse fasi:

  1. si delinea bene il problema, definendolo nei dettagli il più possibile;
  2. si pensa a tutte le soluzioni che la nostra creatività ci suggerisce, anche le più improbabili (stimolano il pensiero creativo);
  3. si selezionano solo le migliori strategie che siamo riusciti a progettare;
  4. si sceglie quale azione compiere: dovremmo scegliere l’opzione che ha il rapporto migliore fra vantaggi e svantaggi, ricordando che non esiste una scelta giusta in senso assoluto;
  5. si mette in pratica la scelta.
Sembrerebbe ovvio: dopo esserci impegnati tanto per trovare una soluzione, una volta raggiunta non ci resta che metterla in pratica… Eppure a volte non lo facciamo. Perché?

Perché non riusciamo a vincere la pigrizia mentale

Rimaniamo bloccati nel dilemma pur sapendo quali azioni ci porterebbero fuori dalla situazione. Non è una condizione che ci piace: molte volte ce la prendiamo con noi stessi ritenendoci stupidi (“So benissimo cosa dovrei fare, eppure non lo faccio”) o dandoci dei giudizi morali severi (“Dopotutto me lo merito: sono un pigrone”). Questo stato di immobilità fisica, accompagnato da un continuo girare mentalmente a vuoto su uno o più problemi (detto anche ruminazione), è stato definito nel tempo in molti modi: accidia, psicastenia o, più comunemente, pigrizia e da secoli suscita timore e curiosità.
Timore perché, con la sua sola presenza apparentemente immobile e silenziosa, ma in realtà carica di giudizi, è in grado di risucchiarci ogni energia e ogni motivazione a sostegno dello sforzo necessario per raggiungere i nostri traguardi; può essere la causa del fallimento dei nostri piani.
Curiosità perché, oltre a essere un tratto soggettivo che può renderci più o meno propensi all’azione, nessuno ne è completamente immune nel corso della propria vita e in alcuni momenti, di fronte a certi compiti, capita di sentirsi catturati dalla pigrizia e di voler rimandare l’azione.
immagine: pigrizia mentale - ruminazione / credits: Nik Shuliahin

Le tre principali cause della pigrizia: paura di fallire, di riuscire, rassegnazione

Da dove viene la pigrizia, si può davvero combattere? Dipende dal nostro carattere o ne siamo soltanto vittime? Si può fare qualcosa per vincere la pigrizia oppure quando si manifesta dobbiamo rinunciare agli obiettivi della nostra vita? Sono tante le domande a cui rispondere. Se riflettiamo sulle diverse cause che possono generare questo stato, notiamo che la pigrizia appare come un segnale che indica un momento di disagio di chi ne soffre, piuttosto che una caratteristica costante della persona. Le cause che la generano, infatti, di solito sono:

La paura del fallimento

La riuscita dei nostri progetti, anche i più ambiziosi, richiede sempre un primo passo che segni la partenza verso quello scopo: una ricerca su internet o sui giornali, qualche telefonata per prendere un appuntamento con qualcuno, un giro in automobile per osservare il territorio; niente di troppo faticoso. È soprattutto in questo caso che sorge il dubbio che il problema non sia la pigrizia come tratto individuale, ma qualcosa di più profondo, che ha a che vedere con l’autostima, l’ottimismo e la fiducia in noi stessi: la strutturazione nella personalità di un atteggiamento di sfiducia verso le nostre capacità e la possibilità di reagire alle avversioni che ha origine nei nostri primi anni di vita, durante i quali potremmo aver imparato che chi sbaglia ha fallito. Questa considerazione così drastica delle naturali difficoltà che incontriamo durante la realizzazione di un obiettivo ci portano a scegliere di non sbagliare per non sentirci falliti. Questa convinzione ci blocca prima ancora di aver provato a fare qualcosa e, se da un lato ci libera dalla paura di fallire il nostro sogno, dall’altro ci lascia ugualmente in uno stato di frustrazione e insoddisfazione che alla lunga può manifestarsi con stati d’animo problematici (perenne tristezza, noia, rabbia, invidia).
immagine: pigrizia mentale - paura del fallimento / credits: rawpixel

La paura del successo

Complementare alla paura di fallire è il suo opposto: la paura del successo. Da adulti viviamo inseriti in sistemi più o meno stabili nel tempo, che garantiscono a chiunque ne fa parte una certa prevedibilità e sicurezza; queste possono rappresentare una rampa di lancio da cui uno di noi talvolta riesce a spiccare il volo. Ma nei sistemi ci si influenza reciprocamente e le vicende di uno dei suoi appartenenti hanno sempre una ricaduta su tutto l’insieme, positiva o negativa. Spesso questi effetti sono imprevedibili e il singolo comincia a temerli: proviamo sensi di colpa verso le persone care che non attraversano lo stesso nostro periodo positivo, oppure, a causa delle pressioni sociali, ci imponiamo stili di vita conformi a presunti status che non ci fanno sentire felici e realizzati (la donna deve guadagnare meno dell’uomo altrimenti lo umilia, avere aspirazioni significa essere avidi, e così via). Di fronte a tante preoccupazioni legate al nostro successo personale, spesso quando stiamo per tagliare il traguardo scegliamo, inconsapevolmente, di accontentarci e rimandiamo quegli ultimi passi fino a dire a noi stessi che non siamo stati capaci perché troppo pigri.
immagine: pigrizia mentale - paura del successo / credits: rawpixel

La rassegnazione al proprio stato

La pigrizia, infine, può essere il segnale di una rassegnazione profonda, che ci appare senza via d’uscita: una rassegnazione verso il futuro, verso noi stessi e le nostre capacità, verso gli altri e la fiducia che riponiamo nel prossimo; sentiamo che nessuno può aiutarci e rimaniamo immobili nel nostro senso di disperazione. Chi ci sta vicino ci incita in buona fede, ma involontariamente rafforza il giudizio negativo che abbiamo di noi stessi, facendoci scivolare ancora più a fondo. È il quadro che dipinge il grande psichiatra Aaron Temkin Beck quando parla di triade cognitiva (la visione negativa di sé, del mondo circostante e del futuro) e del senso di solitudine che pervade la persona ammalata di depressione. In questo caso la pigrizia non ha niente a che vedere con il carattere o con la voglia di reagire, è il sintomo di uno stato psicologico che richiede attenzione e cura da parte di specialisti.
immagine: rassegnazione - triade cognitiva / credits: Flash Bros
Tirare fuori pensieri e sentimenti negativi parlando con un terapeuta non deve spaventarci, né va vissuto come una debolezza o un’incapacità a risolvere i nostri problemi da soli; significa che esiste un percorso guidato attraverso il quale la pigrizia si può superare, basta solo essere aperti a nuove (e meno pessimistiche) visioni di noi stessi, di quanto ci accade e delle possibilità che ci riserva il domani. In questo modo saremo in grado di gestire in modo più proficuo le gli imprevisti in grado di minacciare il nostro benessere mentale e la nostra realizzazione.

Stai attraversando un momento di pigrizia e non riesci a uscirne? Contattami, insieme possiamo farcela.