Imparare la collaborazione, attivare la resilienza

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La notizia del terremoto del Centro Italia avvenuto nella notte del 24 agosto del 2016 ha lasciato scossa tutta la penisola… In pochi secondi una moltitudine di paesi sono stati distrutti, si contavano centinaia di morti… La vita di molte persone era cambiata inesorabilmente nel tempo di una manciata di minuti…

E anche Norcia, cittadina così caratteristica del territorio umbro, aveva sentito tremare la terra, aveva visto lunghe crepe formarsi sui muri delle case, aveva assistito impotente alle opere di sfollamento e rinforzo dei palazzi da parte della Protezione Civile. Avevano resistito i muri; ma le persone, terrorizzate da ciò che avevano visto quella notte, erano ugualmente state costrette a riparare nelle tende, nelle palestre, nei dormitori allestiti. E non solo Norcia aveva dovuto sopportare i movimenti della terra: Campi, Preci, Castelluccio… E molte altre frazioni, molti altri ameni paesi si ritrovavano ora a dover fare i conti con il terrore.

In quell’occasione l’Ordine degli Psicologi dell’Umbria (ma anche altri Ordini di diverse regioni come il Lazio, la Lombardia e la Campania) si sono immediatamente mobilitati chiamando a raccolta in forma di volontariato tutti gli iscritti che avessero dato la propria disponibilità per sostenere psicologicamente gli abitanti di queste popolazioni.

Fra i professionisti reclutati ho aderito anch’io ed ho ritenuto l’esperienza che ho vissuto così piena e formativa che condivido volentieri l’esperienza.

Durante questa prima scossa mi sono trovata a collaborare in un gruppo formato da 9 terapeute di cui 5 provenienti dall’Associazione EMDR di Milano, una dall’Ordine della Campania, una da quello della Lombardia ed una dal Lazio; infine c’ero io, in quell’occasione unica rappresentante dell’Ordine dell’Umbria. Poiché una buona parte degli edifici di Norcia, dove era stato allestito il campo della Protezione Civile, aveva resistito alla scossa, noi terapeute eravamo state alloggiate in una piccola pensione a qualche chilometro dall’accampamento. Ho trascorso notte e giorno, cinque giornate con queste altre terapeute.
immagine: terremoto - gruppo terapeute volontarie
Avendo anch’io la formazione EMDR ho utilizzato insieme alle colleghe milanesi questo approccio in un protocollo particolare incentrato sulle emergenze ottenendo ottimi risultati in tema di elaborazione e sollievo: dopo circa 6 sedute di trattamento le persone riferivano di sentirsi meglio e di vivere il ricordo in maniera più distaccata e visivamente meno nitida. Nelle fasi finali emergevano anche pensieri più positivi che contenevano la speranza di poter rientrare nelle case e riprendere la propria quotidianità.

Ho avuto modo di osservare colleghe più esperte di me in fatto di emergenze ed ho potuto apprendere un modus operandi formato da tanti fattori che per me, abituata alla tranquillità del mio piccolo studio, erano nuovi: ho imparato la tempestività, ovvero la capacità di fare scelte nell’immediato e di assumersene la responsabilità, certi di ciò che si sta facendo. Ho partecipato alle mansioni organizzative: perché anche nell’emergenza è necessario riuscire a mantenere quel minimo di ordine che garantisca un lavoro finalizzato e non svolto in maniera caotica. Sono stata con il gruppo anche nei momenti al di fuori dell’intervento, per esempio la sera, prima di andare a dormire: anche qui ho imparato moltissimo. Ho imparato a riparlare di ciò che accade durante la giornata per riformularlo e riuscire a dare un significato a ciò che era accaduto a quelle persone e a ciò che stavo facendo io. Ho imparato la collaborazione: diverse persone che prima non si conoscevano, diverse formazioni, diversi curricula, diverse provenienze. Eppure un’unica efficiente organizzazione la cui finalità principale era dare sollievo alle paure di quelle persone. Con le colleghe oggi mi ritengo amica: persone che non conoscevo, che vedevo anche con un po’ di diffidenza… Invece il legame che ne è nato è stato molto forte a causa dello stress a cui siamo state sottoposte, i racconti delle madri impaurite per i loro figli, delle persone sole che tutt’a un tratto si sono accorte di quanto erano vulnerabili, degli anziani che raccontavano la loro rassegnazione… Le scosse che noi stesse sentivamo anche durante le sedute!

Poi la terra sembrava essersi calmata… Per tutto il mese di settembre e quasi tutto il mese di ottobre, solo piccole scosse che, se continuavano a torturare l’anima di chi viveva in quelle zone, però non creavano ulteriori danni agli edifici, erano scosse ben lontane da quelle che avevano seminato morte alla fine di agosto…

Ma era solo un momento di riposo… Alla fine di ottobre (il 26 e il 30) Madre Terra ha ricominciato a scuotersi, questa volta con scosse fortissime, questa volta ferendo profondamente anche la nostra cara Umbria: Norcia, Preci, Campi, Monteleone non ce l’hanno fatta… Sono crollate anche loro… I muri si sono sgretolati sotto la spinta che i movimenti tellurici imprimevano alla superficie! Ancora una volta, però, la morte ci ha sfiorati ma non si è fermata: i cittadini, infatti, già da diversi mesi, spaventati dal terremoto di agosto, dormivano fuori dalle loro case (allora le temperature lo permettevano ancora…) e questo ha salvato la vita di molti!
immagine: terremoto - San Benedetto Norcia
Nuova emergenza, di nuovo tanta gente che vedeva i propri progetti distruggersi davanti agli occhi. Ancora tanto dolore, tanta paura, tanta ansia per un futuro tutto da riscrivere. Immediatamente si sono attivati per la seconda volta l’Ordine dell’Umbria e l’Associazione EMDR ed io, come tanti altri psicologi, ho dato la mia disponibilità. Questa volta la suddivisione dei compiti è stata diversa: nella core zone sono andati un gruppo di colleghi esperti nell’ambito delle emergenze, mentre io ed altri colleghi siamo stati assegnati come sostegno alle persone che erano state sfollate ed accolte negli alberghi. Così, in un luogo sicuro, l’esperienza è stata ancora una volta nuova per me: c’era modo di rivedersi, di fare un numero di sedute tali da creare una relazione di fiducia e conoscenza non accelerata dai tempi. Ho appreso così le tante storie delle persone che ho ascoltato prima di somministrare il protocollo EMDR, reazioni immediate, squarci di realtà, immagini impresse, sensazioni, odori, il “grande boato” che ha spaventato tutti, la confusione nel riversarsi nelle strade e poi ritrovarsi, infreddoliti e con gli occhi sbarrati, nel parco fuori le mura, riconoscersi, sostenersi, aspettare per vedere se stiamo tutti bene… Mi hanno raccontato di armadi che cadevano fracassando tutto ciò che contenevano (piatti, bicchieri, bottiglie…), la strada si muoveva come un nastro, sembrava volerti far cadere per dispetto, le automobili dondolavano come se fossero state leggere leggere, pareva che si ribaltassero!
immagine: terremoto - case crollate
Poi, piano piano, è arrivato un po’ d’ordine, la Protezione Civile ha ricominciato il suo lavoro… E molti sono arrivati lì, negli alberghi, molte erano le persone con cui in seguito avremmo lavorato noi psicologi… Ma non era finita qua. Già perché, quello che ho sentito più spesso dai giovani adulti era il rammarico di aver perso tutto, tutto: la casa, sì, molti anche il lavoro. Ma anche le piccole cose: le foto del matrimonio, i vestiti, oggetti di persone care… Li avrebbero riavuti?
immagine: terremoto - piccole cose
Altre persone mi hanno raccontato del cimitero distrutto, bare allo scoperto e della disgustosa blasfemia che leggevano in tutto questo. Gli anziani, invece, cercavano di farsi una ragione del fatto che forse non avrebbero più rivisto Norcia… “Eh, coi tempi che abbiamo noi italiani mica ci ritorno più a Norcia”… La speranza era quella di avere almeno la famosa “casetta”: da lì sì, si poteva ricominciare raccontavano. Ma la loro preoccupazione non era per loro, era per i loro figli, gente forte, in gamba, con tutto il futuro ancora da divorare: giovani genitori di bambini ancora piccoli, coppie appena sposate che hanno avuto il coraggio di sobbarcarsi un mutuo, ragazzi intraprendenti che avevano da poco aperto un’attività, fiduciosi nella riuscita dei loro progetti… E adesso? Dove trovare la tanto famosa “resilienza” in una storia del genere? Come aiutarli a riprogettare il futuro ancora con fiducia?
immagine: terremoto - crolli
Ecco: questo è ciò che abbiamo fatto noi psicologi, questa la sfida che abbiamo accettato, questo lo scopo del nostro agire lì, negli alberghi, camminando verso mete confuse che si andavano delineando a poco a poco insieme alle persone che avevamo davanti che con incredibile tenacia, comunque, erano pronte a ripartire.

photo by: marcellomigliosi1956, Angelo_Giordano, The Climate Reality Project, Sweet Ice Cream Photography)

(Articolo pubblicato su “La Mente Che Cura – Rivista dell’Ordine degli Psicologi dell’Umbria”, Anno III, N. 3, Agosto 2017)