Fobia sociale: la paura del giudizio altrui. Riconoscila e affrontala!

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La parola fobia viene dal greco phóbos e significa panico, paura. Questo stato d’animo può accompagnarci in una grande varietà di situazioni ed essere scatenato da diversi fattori; un particolare tipo di paura, che attanaglia molti di noi quando siamo sotto gli occhi di tutti, è la fobia sociale. Come riconoscerla? Come influenza la nostra vita? Come si può gestire?

Come riconoscere la fobia sociale

I principali sintomi di questo disturbo sono:
  • la paura marcata e persistente delle situazioni sociali o prestazionali nelle quali siamo in presenza di persone non familiari o siamo esposti al possibile giudizio degli altri e temiamo di agire (o di mostrare sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante;
  • un forte stato d’ansia quando ci troviamo nella situazione temuta, che può assumere i contorni di un vero e proprio attacco di panico nei soggetti più sensibili;
  • la consapevolezza che la nostra paura è eccessiva o irragionevole;
  • un’intensa sensazione di ansia o disagio che ci porta a evitare o a mal sopportare le situazioni sociali o prestazionali temute;
  • un’interferenza di evitamento, ansia anticipatoria o disagio con le nostre normali abitudini, con il nostro funzionamento lavorativo (o scolastico), con le nostre attività e relazioni sociali;
  • un grande disagio per il fatto stesso di avere la fobia.
Una delle emozioni più caratteristiche della fobia sociale è quindi l’ansia. L’ansia è un'attivazione fisiologica che comporta una serie di manifestazioni somatiche, come per esempio palpitazioni, tremore, sudore e rossore facciale. Può manifestarsi a livello fisico, cognitivo e comportamentale e ci fa sentire inadeguati.
Anche altre sensazioni e comportamenti, come la paura o l’evitamento (cioè l’allontanamento da una situazione, una persona o un evento che percepiamo come pericoloso per noi stessi), sono una diretta conseguenza dello stato fobico.
immagine: fobia sociale - evitamento / Photo by freddie marriage on Unsplash

La fobia sociale è un disturbo diffuso, difficile da mandare via

La fobia sociale presenta 2 sottotipi: generalizzata oppure specifica. Quella generalizzata, come suggerisce il termine, è una costante e non dipende dalla possibilità di ricevere un giudizio dagli altri; quella specifica è più legata a una singola prestazione: sostenere un esame orale, fare un discorso in pubblico, gareggiare in una competizione sono solo alcune situazioni tipo in cui possiamo sentirci sotto una lente di ingrandimento e temere di fare brutta figura o di coprirci di ridicolo. Dal punto di vista del fobico sociale, queste eventualità possono influenzare negativamente l’opinione di chi lo ascolta o osserva (dando erroneamente per scontato che ci sia sempre qualcuno pronto a giudicare ogni sua azione).
La più diffusa è la forma generalizzata, che è anche la più grave e porta un maggior numero di persone alla richiesta di un trattamento. Gli uomini fanno più spesso richiesta di trattamento, anche se sono le donne a soffrirne di più.
L'andamento del disturbo è fatto di alti e bassi, di vari scompensi e la situazione diventa ancora più complicata in concomitanza di altri comportamenti disfunzionali. I più frequenti sono:
  • l'abuso di alcool (per sciogliere i freni inibitori);
  • l'abuso di ansiolitici (per calmarsi).
immagine: fobia sociale specifica - discorso in pubblico / Photo by Tim Napier on Unsplash

Come si sviluppa la fobia sociale?

Le condizioni che favoriscono l’insorgere della fobia sociale derivano dall’ambiente familiare: uno stile d’attaccamento insicuro, con genitori ansiosi, ipercritici, evitanti e che reprimono l’assertività dei figli fanno sì che questi sviluppino una tendenza al perfezionismo e un'organizzazione mentale di tipo ossessivo, oppure disturbi del comportamento alimentare (DCA).
Altre caratteristiche possono essere avere una bassa autostima, attribuire agli altri il proprio pensiero (deficit di decentramento), ricordare solo eventi negativi.

Guardando il fenomeno da un punto di vista puramente evoluzionistico, la paura ultima è quella di essere esclusi dal gruppo, che nel regno animale equivale a un aumento del pericolo. Le azioni sono quindi mirate a prevenire il rifiuto e l'esclusione: la paura di perdere la faccia e di essere ridicolizzati attiva il nostro Sistema Motivazionale Interpersonale agonistico, cioè tutti quei comportamenti che usano meccanismi di rivalità per la conquista di un ruolo vincente.
I cambiamenti cognitivi derivanti da questa paura sono:
  • un’aumentata percezione e attenzione ai segnali di pericolo;
  • l’inibizione dei segnali della propria paura;
  • l’attivazione di comportamenti difensivi e protettivi.
immagine: fobia sociale - paura di essere esclusi dal gruppo / Photo by Climate KIC on Unsplash

Come curare la fobia sociale

Per inquadrare un soggetto fobico sociale si può fare riferimento al modello di fobia sociale di Clark e Wells del 1995. Questo si concentra su tre aspetti:
  1. una particolare attenzione ai propri stati interiori;
  2. l’uso di informazioni interne per prevedere il proprio effetto sugli altri;
  3. il ricorso a comportamenti di sicurezza, quelli che possono preservarlo dal fare figuracce.

Le relazioni di una persona che soffre di questo disturbo sono realmente influenzate dai comportamenti protettivi che mette in atto; il problema è il significato attribuito alle proprie azioni e alle reazioni altrui, infatti il soggetto tende a rimuginare sempre, prima, durante e dopo la circostanza temuta.
Il fobico desidera il contatto, ma ha paura della propria prestazione, perché vede gli altri come superiori e dunque li teme. Le situazioni specifiche temute spesso riguardano il mangiare, il bere, lo scrivere mentre qualcuno lo guarda; il parlare in pubblico, partecipare a riunioni, avere rapporti sessuali, utilizzare bagni pubblici.

Per bloccare questa spirale di paura e negatività si può intervenire utilizzando alcune tecniche, quali:
  • i compiti di esposizione. Il paziente affronta una situazione che normalmente percepisce come sgradevole sotto la guida del terapeuta per superare l’ansia verso di essa e riscriverne mentalmente il significato.
  • il role playing. Il paziente simula con il terapeuta una situazione sociale o professionale che lo agita particolarmente; in questo modo può scoprire nuove soluzioni in una modalità protetta, senza doversi misurare realmente con le conseguenze di eventuali errori comportamentali o cognitivi.
  • la manipolazione dei comportamenti protettivi. Il paziente prende in esame le situazioni temute, immagina come si comporterebbe per evitare di sentirsi goffo, ridicolo o inadeguato e insieme al terapeuta trova degli atteggiamenti alternativi, meno concentrati su di sé e più funzionali a costruire delle esperienze sociali positive; l’obiettivo non è più evitare o superare l’evento temuto, ma viverlo in modo sereno e soddisfacente. 
Il terapeuta deve quindi:
    • lavorare insieme al paziente sulle conseguenze catastrofiche ipotizzate, ridurre il suo autocriticismo e perfezionismo, eliminare i suoi comportamenti protettivi (uno su tutti l’evitamento);
    • aumentare la capacità di focalizzazione esterna del paziente, correggere le sue aspettative negative circa una situazione specifica con l’esposizione in vivo, favorire il suo apprendimento di abilità sociali.
Ti capita spesso di sentirti a disagio quando sei in mezzo agli altri? Contattami, insieme capiremo come gestire emozioni e comportamenti generati dall’ansia.

Fonti: stateofmind.it, aidas.it, terzocentro.it, psicolab.net